Il Rito ha anzitutto il valore di una
benedizione della natura e del lavoro dei contadini, affinché tutto concorra a
una stagione favorevole e a un raccolto abbondante. Si benedice il mondo perché
diventi ancora più sacro, maggiormente imbevuto della provvidenza divina, che
nello spirito del popolo cristiano significa prosperità, abbondanza, salute,
serenità di vita. Benedire la creazione è anche un atto di esorcismo compiuto
sulla materia cosmica affinché sia liberata dalle infestazioni del male e
diventi veicolo della vita benedetta che proviene da Dio. Benedire la terra
significa anzitutto benedire il rapporto tra la terra e l’uomo, nella sua veste
di sacerdote posto a metà strada tra il giardino dell’Eden e il Creatore, tra
il visibile e l’invisibile, il corporeo e lo spirituale. Dio ha pensato l’uomo
come un microcosmo che sintetizza in sé la vocazione del creato in tutti i suoi
molteplici livelli di vita, ma soprattutto lo ha plasmato a sua immagine perché
potesse superare la materialità della creazione, non per abbandonarla ma per
contenerla in sé e dar voce, attraverso la razionalità e il linguaggio umani,
alla lode di Dio iscritta in tutti gli esseri viventi come significato ultimo
della loro esistenza (Salmo 8; 145,21; 150; 1Corinzi 15,41), ma che rischia di
rimanere muta fino a quando l’uomo non contribuisce a renderla consapevole ed
esplicita. I cristiani rappresentano per la materia cosmica la speranza di
essere elevata al livello dello spirito, di ricevere tramite le mani
dell’uomo-sacerdote la redenzione di Cristo (Romani 8,19-22) e di partecipare
alla dossologia del Padre testimoniando che i cieli e la terra sono pieni della
sua gloria.
Al vertice dell’andastan c’è la benedizione dei punti cardinali con la croce, il cui significato è quello di esprimere il potere cosmico della morte-innalzamento del Signore, non solo come benedizione, ma anche come testimonianza del valore cosmico della redenzione, e dunque della sacramentalità del cosmo. La benedizione con la croce appone un sigillo liturgico sul cosmo affinché tutto ciò che vibra di vita, a partire dai gesti umani più comuni, fino al mutare delle stagioni e dei colori della luce, ai profumi della terra e ai gusti dei suoi frutti, tutto porti impressa in sé un’energia sacra, un respiro di preghiera, un ritmo religioso che si sposa coi cicli della vita di tutti i mondi creati: il minerale, il vegetale, l’animale e, infine, l’umano che li porta tutti in sé. Il sangue di Gesù caduto dalla croce è penetrato capillarmente nei pori della terra come in un calice che lo ha accolto in sé, la materia cosmica ne è rimasta intrisa e consacrata per sempre. La Madre Terra conserva in sé l’immenso potenziale di forza redentrice della croce, non nel senso panteistico di una dissoluzione del divino nel tutto, ma secondo il modo dell’unione senza confusione (panenteistico) del creato e dell’increato tipico dell’incarnazione.
(Liberamente tratto da: La Settimana santa con i cristiani d’oriente, di Gianmarco Busca – Ed. Lipa)
Al vertice dell’andastan c’è la benedizione dei punti cardinali con la croce, il cui significato è quello di esprimere il potere cosmico della morte-innalzamento del Signore, non solo come benedizione, ma anche come testimonianza del valore cosmico della redenzione, e dunque della sacramentalità del cosmo. La benedizione con la croce appone un sigillo liturgico sul cosmo affinché tutto ciò che vibra di vita, a partire dai gesti umani più comuni, fino al mutare delle stagioni e dei colori della luce, ai profumi della terra e ai gusti dei suoi frutti, tutto porti impressa in sé un’energia sacra, un respiro di preghiera, un ritmo religioso che si sposa coi cicli della vita di tutti i mondi creati: il minerale, il vegetale, l’animale e, infine, l’umano che li porta tutti in sé. Il sangue di Gesù caduto dalla croce è penetrato capillarmente nei pori della terra come in un calice che lo ha accolto in sé, la materia cosmica ne è rimasta intrisa e consacrata per sempre. La Madre Terra conserva in sé l’immenso potenziale di forza redentrice della croce, non nel senso panteistico di una dissoluzione del divino nel tutto, ma secondo il modo dell’unione senza confusione (panenteistico) del creato e dell’increato tipico dell’incarnazione.
(Liberamente tratto da: La Settimana santa con i cristiani d’oriente, di Gianmarco Busca – Ed. Lipa)
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